Gennaio 2022: i libri che ho letto raccontati in breve

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Il primo mese dell’anno porta sempre con sé tante aspettative, tanti buoni propositi e tante aspirazioni ma il risultato spesso è ben diverso da quello che avevamo immaginato o programmato. Per fortuna però che ci sono i libri. Questo, in breve, è quello che ho letto nel mese appena termi nato.

Il bar delle grandi speranze di J.R. Moehringer è stata la mia prima lettura dell’anno e tutto sommato è andata bene ma probabilmente con una cinquantina di pagine di meno, questo libro sarebbe stato addirittura perfetto però sì, nel complesso posso dire che mi è piaciuto.

Oltre ad essere la vera storia dell’autore, che nonostante sia cresciuto tra mille difficoltà, riesce a laurearsi a Yale e a diventare scrittore e giornalista ma è anche un elogio al bar, alle sue regole, alle sue dinamiche e soprattutto ai personaggi che lo popolano e che finiscono per influenzare il resto della sua esistenza.

A vent’anni la scrittura di Paolo Cognetti mi sembrava il massimo, amavamo la stessa letteratura americana, avevamo gli stessi maestri e per me rappresentava un vero e proprio modello poiché nutrivo una profonda ambizione nei confronti della scrittura ma questa è un’altra storia.

Quando però ho letto Le otto montagne sono un po’ con l’amaro in bocca perché probabilmente mi aspettavo qualcosa di più solido ma soprattutto di più vicino alla letteratura che alla narrativa. Ecco perché se dovessi dare una definizione a questo libro che racconta di una profonda e sincera amicizia al maschile direi che è una sorta di esercizio stilistico e poco più.

Non mi sento di bocciarlo completamente né di consigliarlo vivamente, salvo solo il fatto di aver respirato – per alcuni istanti – alcune atmosfere che mi affascinano parecchio e di non aver necessariamente cercato un lieto fine ma lasciando tutto così un po’ aperto e sospeso, per il resto sono contenta di averlo terminato.

Se dovessi scegliere uno scrittore capace, in questo preciso momento, di infondermi una sensazione che si avvicini quanto più possibile alla pace e in grado di rimettermi in pari con il mondo, direi sicuramente: Mario Rigoni Stern.

Il bosco degli urogalli è composto da una scrittura semplice, scarna ed essenziale che riduce tutto all’osso e che mostra subito la vera essenza delle cose.
I veri protagonisti di questi racconti sono, come sempre, la caccia, la guerra, la montagna ma soprattutto la vita vera, scandita dallo scorrere del tempo e dall’alternarsi delle stagioni.

Una piccola curiosità: il racconto contenuto a pagina 103 e intitolato “Le volpi sotto le stelle” è uno dei racconti più belli che ho letto finora.

Un amore di Sara Mesa è, invece, un libro che mi ha deluso veramente molto e che fortunatamente si è fatto dimenticare molto molto presto.

Il silenzio è cosa viva. L’ arte della meditazione di Chandra Livia Candiani è, invece, stato un vero libro coccola poiché mi ha ricordato di come e di quanto sia importante ritagliarsi un momento per se stessi e poterlo fare con la giusta consapevolezza è un vero e proprio atto di amore rivoluzionario.

E per finire, ho letto Anche le sante hanno una madre di Allan Gurganus che, secondo me, è uno degli scrittori americani più bravi e più sottovalutati almeno qui in Italia e in patria non saprei se gode o meno di ottima fama.

Il libro mi è piaciuto molto perché al centro della narrazione c’è una donna narcisista, egoista, insoddisfatta e con aspirazioni artistiche ormai naufragate così come il suo matrimonio e ha un rapporto abbastanza complesso con la sua primogenita che è partita alla volta dell’Africa per aiutare le persone ad imparare a leggere a e scrivere. Insomma, incomunicabilità, famiglie disfunzionali e analisi sui cambiamenti del ruolo della donna nella società, sono questi alcuni degli ingredienti principali di questo be romanzo.

Avete letto qualcuno di questi libri? Vi ispira qualcosa? Qual è il libro più bello che avete letto nel mese appena trascorso? Ditemi, come sempre, la vostra.

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