Quando siete felici, fateci caso ve lo dice Kurt Vonnegut
Io l’Università non l’ho frequentata -o meglio l’ho abbandonata quando ho capito che mi stava per soffocare e che non sarebbe stata in grado di darmi quel futuro che desideravo, per questo motivo al posto di continuare a dare esami ho preferito mettere le mie cose dentro una morbida sacca da viaggio e girare un pochino il mondo- quindi tecnicamente non so cosa significhi e cosa si provi a conseguire una laurea ma ho parecchi amici e conoscenti laureati e più volte nei loro occhi, ho visto un’espressione smarrita e spaventata, la stessa che traspare appena sfumano l’euforia dei festeggiamenti e i fumi dell’alcool.
Ho più volte la sensazione che laurearsi in Italia di questi tempi –tranne pochi casi ormai davvero rarissimi- significhi buttarsi da soli la zappa sui piedi e iniziare quel lungo e interminabile calvario fatto dall’invio compulsivo di curriculum vitae e dall’attesa infinita di risposte che mai arriveranno, nemmeno per un semplice e sbrigativo rifiuto.
Per fortuna non tutti i casi sono uguali ma credo che buona parte dei laureati italiani –e non solo- si sia trovato almeno una volta nella vita in una situazione simile altrimenti non credo che si parlerebbe cosi tanto di disoccupazione, di precariato e di proposte di tirocinio o mi sbaglio?
Leggendo però Quando siete felici, fateci caso –che già solo il titolo e la splendida copertina meriterebbero una standing ovation a priori- ho avuto la netta sensazione che le Università americane iniettino nei giovani laureati una dose di ottimismo e di vitalità che sarebbero in grado di far tornare in aula persino una recidiva come me.
Quando siete felici, fateci caso raccoglie infatti i commencement speech –ovvero il discorso ufficiale ai laureati tenuto alla fine di ogni anno accademico da una celeb del mondo della cultura o della politica- tenuti fra il 1978 e il 2004 da un eroe pacifista e underground che grazie alla sua visione alternativa del mondo è stato per anni uno degli oratori più richiesti dai giovani.
Se non si fosse ancora capito, stiamo parlando di Kurt Vonnegut, autore del celebre Mattatoio n.5 (La crociata dei bambini) nonché convinto sostenitore del fatto che il compito dell’arte in generale sia proprio quello di far piacere di più la vita alle persone.
Il compito dell’artista è far piacere di più la vita alla gente.
Paradossalmente però Kurt Vonnegut nella sua vita non conseguì mai nessuna laurea ma nei suoi commencement speech elogiava spesso l’Università, l’istruzione in generale e gli insegnanti particolarmente validi e allo stesso tempo riusciva a parlare ai ragazzi di salvaguardia dell’ambiente, dell’ importanza delle proprie radici e del rifiuto verso qualsiasi tipo di vendetta, di disprezzo verso i politici e verso le guerre, dell’importanza della solidarietà e della vita sociale, stimolando cosi le menti dei giovani ascoltatori e entrando di diritto nei loro cuori.
Solo le persone bene informate e di buon cuore possono insegnare agli altri cose che verranno ricordate e amate per sempre. I computer e la tv non lo fanno.
Sin dalle prime pagine di Quando siete felici, fateci caso si capisce infatti che Kurt Vonnegut doveva avere una sintonia perfetta con i giovani e amava trattarli –ed esser trattato- alla pari perché considerava la laurea come un semplice passaggio formale dall’infanzia all’età adulta e vedeva quei ragazzi e quelle ragazze come uomini e donne già fatti e finiti.
Nei suoi commencement speech, Kurt Vonngut non risparmiava nessuno e grazie alla sua vena saggia e umoristica metteva proprio di tutto nel calderone –da Gesù Cristo ai politici americani, dalla guerra in Medio Oriente sino alla corsa al petrolio- senza mai tralasciare riflessioni argute e brillanti persino quando esprimeva tutto il suo rammarico verso l’ormai infranto sogno americano di diventare finalmente quella nazione buona, generosa e ragionevole tanto auspicata.
Buona parte dei temi trattati e delle affermazioni fatte in Quando siete felici, fateci caso le avevo lette nel precedente Un uomo senza patria ma quello che però mi preme sottolineare ancora una volta è che nonostante Kurt Vonnegut affermi in più occasioni che la vita è una cosa terribile –ripensando soprattutto al terribile bombardamento di Dresda dal quale usci miracolosamente illeso- ho trovato pochissimi autori cosi rispettosi e legati nei confronti della vita come Kurt Vonnegut e il suo invito a sistemare il nostro pezzettino di mondo, ad avere ancora fiducia nella vita ma soprattutto ad accorgerci della gioia delle piccole cose -ripetendoci spesso
«Cosa c’è di più bello di questo?»
– è un qualcosa che dovremmo tener sempre ben impresso in mente e replicare ogni mattina non appena apriamo gli occhi, proprio come un motto.
Quando siete felici, fateci caso, Kurt Vonnegut, Minimum Fax 2015, pp.107. Traduzione Martina Testa.
Intanto vorrei farti notare il “Prova che sei una persona” nel modulo dei commenti :O
Comunque… Mi riconosco molto nella prima parte che hai scritto, penso che in America sia totalmente diverso, a partire dal fatto che chi frequenta l’università è un privilegiato rispetto agli altri, mentre in Italia i costi sono decisamente minori e più alla portata di tutti, senza contare le varie borse di studio disponibili.
Il numero di laureati sarà quindi minore, quanto meno in proporzione al territorio.
Mi piace questo messaggio di speranza nonostante la constatazione della realtà.
Ahahah noti tutti i dettagli te… XD
In ogni caso posso garantirti che leggere Kurt Vonnegut (parlo dei saggi e non dei romanzi) è una botta di buonumore e di allegria… 😉