Dal diario di una signora di New York di Dorothy Parker ovvero raccontare le donne
Chissà per quale assurda ragione noi donne abbiamo spesso la tendenza a complicarci la vita e a provare una strana e insana attrazione verso le cose difficili, nella quotidianità quanto in amore.
Quante di noi, almeno una volta nella vita, si sono sacrificate l’esistenza quasi fino allo struggimento in nome di qualcosa o di qualcuno che quasi mai lo meritava?
Quante volte ci siamo invece trovate dinanzi ad un bivio-dovendo decidere se lasciare innestato il cuore o il cervello- a dover prendere decisioni importanti, contando solo e soltanto sulle nostre forze?
Penserò a qualcosa di diverso. Me ne starò seduta qui zitta e buona. Se solo ci riuscissi. Se potessi starmene zitta e buona. Forse potrei leggere. Ma no, tutti i libri parlano di persone che si amano, sinceramente e dolcemente. Ma perché diamine scriveranno cose del genere? Non lo sanno che non è vero? Non lo sanno che è una bugia, una dannatissima bugia? Ma perché diavolo ne devono parlare, quando sanno benissimo che fa star male? Maledetti, maledetti, maledetti.
Eh già, perché noi donne siamo fatte proprio così.
Adoriamo spingerci fino all’orlo del precipizio semplicemente per vedere il vuoto che effetto fa.
Adoriamo incassare il colpo che ci manderà al knock-out e solo a quel punto, tiriamo fuori tutta la grinta, la forza e l’orgoglio –che da sempre custodiamo in uno scrigno segreto della nostra anima- e ci solleviamo dal tappeto per rinascere a nuova vita.
E la gente può guardare dentro e vedermi, qui. Possono accorgersi se piango. Che guardino, non importa. Che mi guardino pure, e vadano all’inferno.
Detto questo, non voglio assolutamente scrivere un proclama femminista da corteo dell’otto marzo o lasciarmi prendere la mano sull’evidenziare quanto sia bello essere donne, anzi tutt’altro.
È solo che leggendo Dal diario di una signora di New York -la raccolta di racconti ormai introvabili da anni in Italia e da poco pubblicati da Astoria -di Dorothy Parker sono scaturite in me mille diverse considerazioni sull’universo femminile.
È vero che le donne sono le protagoniste assolute de Dal diario di una signora di New York ma considerare Dorothy Parker esclusivamente una scrittrice femminista e perciò adatta principalmente ad un pubblico di sole donne, sarebbe davvero un grandissimo errore.
Dorothy Parker –che ammetto di non aver mai letto né considerato prima d’ora- era una donna dallo sguardo velato ma dotata di grande sensibilità e intelligenza che amava prendere la vita di petto e schierarsi dalla parte dei più deboli, raccogliendo così critiche e malevolenze e io adoro immaginarla sempre affaccendata alla sua macchina da scrivere, con una sigaretta perennemente penzolante dalle labbra e il bicchiere sempre a portata di mano, utile per rendere più fluidi i pensieri e per scacciare via fantasmi e tormenti.
Quelle ritratte ne Dal diario di una signora di New York sono donne sedotte e abbandonate che vivono nel ricordo di istanti apparentemente felici, perennemente insicure e prive di coraggio, divorate dall’attesa, da amori o drammi che mandano letteralmente in frantumi i loro cuori e i loro nervi e assottigliano la loro anima, a tal punto che è possibile guardarvi dentro.
Queste donne non vivono ma brancolano nel buio della vita –a tal punto da non sembrare nemmeno umane- incapaci di reagire, preferiscono subire e restare in attesa di un invito, di una telefonata o di una qualsiasi bugia alla quale aggrapparsi e poco importa se la verità è tutt’altra cosa, in fondo a loro serve solo uno stupido effetto placebo e quando questo manca o viene loro negato, ecco sopraggiungere il dramma assoluto che rischia di compromettere le sorti del mondo intero.
Dorothy Parker con il cinismo, l’arguzia, l’ironia crudele e spietata che contraddistingue la sua scrittura, ritrae nei racconti contenuti ne Dal diario di una signora di New York, donne appartenenti all’alta società, sempre eleganti, impeccabili, educate e ornate di tutto punto ma che per colpa della sofferenza, della crudeltà, della malinconia e della fragilità che portano dentro, finiscono per mostrare il loro lato peggiore, comportandosi in modo sconsiderato magari bevendo troppo alcool o finendo nelle braccia di chiunque.
Insomma quelle di Dorothy Parker sono donne in crisi perché sottomesse, rifiutate, illuse, abbandonate che preferirebbero morire piuttosto che ammettere che spesso dietro le luci sfavillanti, dietro l’ostentazione e i luccichii della ricchezza si possono nascondere l’ipocrisia, l’egoismo, la crudeltà ma soprattutto la vacuità assoluta.
Dorothy Parker è stata una donna e una scrittrice che per tutta la vita si è opposta ai soprusi, rompendo schemi e convenzioni e mostrando e raccontando sempre il lato più orrido e grottesco delle cose.
Dal diario di una signora di New York è un libro che ho particolarmente apprezzato perché leggendo pochissimi libri scritti da donne, ho trovato invece in Dorothy Parker una scrittura sempre lucida, onesta e spietata e credo che sia finalmente arrivato il momento di dare a Dorothy Parker –sempre ingiustamente sottovalutata e dimenticata- la giusta fama e il giusto riconoscimento che merita, per far si che arrivi ad un numero sempre più elevato di lettori, magari non solo di sesso femminile.
“E devi scrivere un’opera per me,” continuò Lily Wynton. “Un’opera meravigliosa, meravigliosa. E io la reciterò, la porterò in tutto il mondo, finché non sarò una vecchia, vecchissima signora. E poi morirò ma non cadrò nell’oblio, grazie agli anni passati a interpretare la tua meravigliosa meravigliosa opera.”
Dal diario di una signora di New York, Dorothy Parker, Astoria 2015, pp.130. Traduzione Chiara Libero.
Lo sto leggendo da ieri, lei mi piace tantissimo.
Io non avevo mai letto nulla della Parker prima d’ora e adesso mi sa che toccherà recuperare…
Curiosa di conoscere la tua opinione alla fine della lettura! 😉