Nonostante tutto di Francesca Vignali Albergotti: dodici racconti e un romanzo

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nonostante-tutto-fazi-editore-librofiliaNonostante tutto, poteva andare meglio. Molto meglio.
Questo è ciò che ho pensato nel momento esatto in cui ho chiuso l’ultima pagina del libro di Francesca Vignali Albergotti, pubblicato da Fazi Editore.
E questo un po’ mi dispiace perché il libro era partito bene e avevo deciso di sceglierlo proprio per via della sua duplice funzione letteraria: racconto e romanzo.

Eh già, perché Nonostante tutto nella prima parte è composto da dodici storie apparentemente slegate e indipendenti fra loro che nella seconda parte invece si intrecciano indissolubilmente fra loro dando vita ad una sorta di romanzo breve che capovolge le vite dei dodici protagonisti e fa gettar loro maschere e resistenze.
Nonostante tutto è un libro duro, triste e attraversato dalla sofferenza e dal dolore, quello vero e più autentico che inevitabilmente finisce per contraddistinguere qualsiasi esistenza umana.

Perché in fondo, che cos’è la vita senza un barlume di dolore o di sofferenza?
Secondo me è molto simile ad un grattacielo che sovrasta un panorama mozzafiato dal quale però non ci si vuole sporgere per paura di cadere giù.

Eppure, le paure, le angosce e le ossessioni devono essere necessariamente affrontate, esattamente come tentano di fare i dodici protagonisti del libro di Francesca Vignali Albergotti.
In Nonostante tutto, ci sono donne dal cuore sterile che non si rassegnano all’avanzare dell’età e preferiscono affidarsi alla chirurgia plastica con la speranza di fermare il tempo, rimpinzare rughe e cicatrici dell’anima e afferrare al volo l’ennesima ghiotta occasione.

Comunque io sono un’ottimista di natura. Nonostante tutto sono sicura che prima o poi ritroverò un vero uomo, che sappia apprezzare la donna che sono diventata a costo di molti, moltissimi sacrifici. E che capisca che, nonostante io non sia più una ragazzina, posso dare tanto, fare tanto, ho l’energia, l’esperienza e la voglia di vivere per poter fare invidia a tutte queste giovani un po’ insulse. E sono ancora in grado di rendere un uomo molto, molto felice.
Forse devo solo avere pazienza, aspettare e soprattutto saper cogliere le occasioni al volo, come poi ho sempre fatto nella vita.



Oppure, ci sono donne in carriera che appaiono toste, determinate e risolute all’esterno ma che invece dentro crollano a pezzi e che in nome della carriera e delle gratificazioni lavorative, hanno finito per sacrificare tutto il resto.

Pensare che agli occhi di tutti sono una “tosta”, una vera donna in carriera, con un sacco di gratificazioni, bello stipendio, bella casa, bella macchina, bella donna, tutto bello. Ma ormai ho capito cosa c’è che non va: io sono una millantatrice, un’impostora, una truffatrice che simula di essere quello che non è. Sono una fallita che non riesce neppure a tenersi strette le persone a cui tiene, che non ha il coraggio di dire no, nemmeno di capire cosa vuole veramente, impaurita e inorridita dall’idea di rimanere sola. Ma in fondo è giusto che mi senta così. E non c’è acqua abbastanza nella doccia per lavare via tutto questo.



O adolescenti di buona famiglia, lobotomizzati dal benessere, dai social network e dai falsi miti e che caricati dalle aspettative dei loro genitori, preferiscono invece svuotarsi come meglio possono.

D’altra parte io sono una fallita, una fallita che piange, si commisera e non ha mai il coraggio di prendere provvedimenti. Penso a cosa possa essere rimasto nel mio stomaco, che rivolto e svuoto continuamente come un calzino sporco. Niente. Niente dentro, niente attorno, niente sopra e niente sotto…



Ma ci sono anche uomini. Uomini ai quali la vita non ha mai sorriso semplicemente perché forse nemmeno loro stessi hanno mai sorriso alla vita.

Le mie sopracciglia sono sempre ad angolo acuto all’ingiù, come quando avevo sei anni. La differenza è che ora gli occhi sono anche irraggiati, come fossero dei soli spenti, da tante rughe sottili, una per ogni tormento.
E ci sono anche dei solchi più profondi. Uno per ogni sconfitta.



O uomini apparentemente brillanti, realizzati e felici, che nella vita quotidiana rivestono incarichi importanti, pieni di responsabilità e costretti a dare sempre il massimo ma che dentro se stessi desiderano solo fuggire via lontano, per sempre.

Vorrei. Ma io sono io, e non posso.



Insomma, dentro Nonostante tutto ci sono donne e uomini di diverse età ed estrazioni sociali, a volte spietati e altre volte invece piegati dalla vita, chiamati a mostrare il loro spaccato personale – spesso intriso di solitudine e di malessere – che sul finale, tenterà di riunire e di chiamare tutti in causa.

Eppure, in questo libro c’è qualcosa che non convince del tutto – nonostante tutte le emozioni e le sensazione dei protagonisti siano sempre sviscerate e messe alla berlina – probabilmente perché quando si decide di scrivere un’opera corale, la fatica raddoppia poiché il rischio di cadere in fallo è sempre e comunque dietro l’angolo.
Vi è infatti sempre il pericolo di mettere in scena troppo o troppo poco, oppure di dare troppo spazio ad alcuni personaggi e mettere in ombra altri, c’è il rischio di sovrapporre gli eventi e di creare così dei gap nella narrazione oppure semplicemente perché spostando continuamente il punto di osservazione della vicenda, si rischia di disturbare un po’ la visione d’insieme.

Ecco perché dopo aver letto Nonostante tutto, mi sento di dire “buona l’idea ma purtroppo un po’ meno lo sviluppo” e poco importa se alcuni dei protagonisti tentano a loro modo e come meglio possono di redimersi poiché tutto resta un tantino vacuo e sospeso, impedendo così al lettore di farsi un’idea ben precisa tanto sui personaggi quanto sulla storia d’insieme.
Probabilmente qualche pagina in più sarebbe stata utile e necessaria per far collimare meglio gli eventi e per restituire un epilogo più completo, poiché sul finale ho avuto l’impressione che alcuni dei personaggi svanissero letteralmente dal libro.
E quest’ultimo punto è forse un qualcosa che difficilmente il lettore riesce a mandar giù a proposito di un romanzo, poiché quando s’incontrano i protagonisti e ci si imbatte nelle loro vite, è normale voler sapere cosa gli accade e cosa non, o sbaglio?

Nonostante tutto, Francesca Vignali Albergotti, Fazi 2015, pp. 206.




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