Mentre morivo di William Faulkner: una morte intricata e complessa
I Bundren sono una famiglia davvero strana e numerosa, vivono in campagna e sono cosi rozzi, poveri e miserabili che l’unica cosa di cui si preoccupano è il denaro, infatti il loro cuore arido e gelido non gli permette di provare pietà nemmeno dinanzi alla povera Addie Bundren, moglie e madre, che giace immobile in un letto nell’attesa che sopraggiunga la morte.
In fondo, non c’è da meravigliarsi poiché nemmeno quando Addie Bundren era viva e vegeta, nessuno di loro ha mai provato amore e affetto verso colei che ha sempre fatto di tutto per mascherare il suo immenso dolore e il suo disgusto verso quei cari che, al contrario, l’hanno sempre rinnegata e odiata e dai quali vuole fuggire per sempre, seppur da morta.
È proprio per questo motivo che Addie Bundren ha espresso il desiderio di essere seppellita a Jefferson, suo paese nativo, accanto alla sua famiglia originaria.
Tutta la famiglia Bundren è riunita al capezzale di Addie, eccetto Cash ancora tutto intento a costruire con le sue stesse mani la bara per sua madre, ma non per sostenerla o rendere più lieve il suo trapasso bensì per sperare che si sbrighi presto a morire poiché li attende un lungo viaggio sino a Jefferson e non c’è assolutamente tempo da perdere.
E cosi non appena Addie spira, la sua famiglia non esita nemmeno per un istante prima di caricare la bara, con il corpo della donna ancora caldo, su di un carro fatiscente e partire in direzione di Jefferson.
E cosi, quella che doveva essere la via per soddisfare l’ultimo desiderio di Addie e un modo per redimere le proprie anime e le proprie coscienze, si trasforma invece in un viaggio estenuante e sfortunato, che metterà a dura prova la pazienza dei Bundren.
Infatti, quel carro pericolante che ospita l’intera famiglia stretta attorno alla bara di Addie, e che scortato in cielo dagli avvoltoi si lascia dietro una scia nauseante, continua a macinare polvere perché tutti loro sono decisi ad arrivare sino a Jefferson per paura che una qualche maledizione discenda su di loro, rendendoli ancora più poveri e sfortunati.
E poi, questo ultimo sacrificio glielo devono alla povera Addie Bundren, in fondo poi si sbarazzeranno di lei una volta per tutte, perciò tanto vale stringere ancora un po’ i denti e continuare quel viaggio assurdo.
William Faulkner con questo suo romanzo scritto nel 1930, cosi crudo, spietato e diretto, voleva raccontarci una storia intensa e superba fatta di squallore e di crudeltà nonché intrisa da una forza evocativa maestosa e da continui richiami religiosi e simbolici.
Sin dalle prime pagine di Mentre morivo ci si rende conto infatti, di essere dinanzi ad un romanzo immobile, selvaggio, imponente e molto affascinante ma allo stesso tempo arduo e complicato, poiché posso garantirvi che William Faulkner mette realmente a dura prova la pazienza e la percezione del lettore.
Confesso pure che in più occasioni sono stata tentata dall’idea di scaraventare il libro direttamente fuori dalla finestra e di abbandonare una volta per tutte la lettura di Mentre morivo ma ben due elementi fondamentali mi hanno spinta poi a desistere:
- la fiducia che nutrivo nei confronti del nome dell’autore poiché se William Faulkner è un autore amato e acclamato in tutto il mondo, un motivo ci doveva pur essere perciò era giusto cercarlo fra le pagine dei suoi romanzi;
- il rapporto d’amicizia che ha sempre legato il mio amatissimo John Fante e William Faulkner che oltre ad essere colleghi pieni di rispetto e reciproca ammirazione erano anche eterni compagni di sbronze e scorribande notturne.
Questa è stata sicuramente un’esperienza nuova che racconta di un’America inedita, anche se la scrittura di Faulkner è molto complicata e intricata perché tende a contorcersi troppo in sé stessa, sino ad avere la sensazione di non sapere mai dove l’autore voglia condurre il lettore: se in una bella storia o in una lettura che non lascia alcuna traccia.
La scrittura di William Faulkner è infatti, ricca di simboli e di particolari che però non lasciano quasi mai inserire facilmente il lettore nella narrazione, quasi come se lo stesso Faulkner abbia voluto tenere la storia tutta per sé.
Il lettore infatti chiede trama e William Faulkner per tutta risposta: prende tempo.
Dopo l’inziale sconforto, ho capito però che, con William Faulkner bisognava solo avere pazienza poiché se inizialmente egli chiede al lettore una sorta di enigmatico rodaggio poi, a proprio piacimento, lo solleva di peso e lo trascina nella trama e a quel punto il lettore, anche quello più ostile, è costretto ad arrendersi all’evidenza dei fatti e deve necessariamente ammettere che si trova dinanzi ad un gran libro.
Infatti non appena, Mentre Morivo si libera delle sue catene e dei suoi ostacoli stilistici, diventa un romanzo tragico e denso di significati che parla degli sconfitti, analizza la condizione umana, la solitudine e il destino avverso e insegna che spesso lo stesso sangue tende ad odiarsi reciprocamente ma è sempre meglio, non ricorrere mai all’inganno, rispettare le promesse fatte e soprattutto rispettare la morte perché in fondo una vita senza amore e senza speranza è in realtà una vita vuota.
Dopo aver letto Mentre morivo, si ha comunque un senso di impotenza e di mancata comprensione, nei confronti della mancata acquisizione du tutti i concetti che William Faulkner voleva esprimere attraverso la sua letteratura ma posso assicurarvi che questo è un libro che in ogni caso colma la sete di scoperta e alza di molto l’asticella, sempre a patto che: assumiate i libri di William Faulkner a piccole dosi.
Mentre morivo, William Faulkner, Adelphi, 2012 pp.231. Traduzione Mario Materassi.
credo che tu abbia capito ben poco di questo libro. Mi spiace perché ti sei privata di un’esperienza intellettuale preziosa.
Con i libri sono cose che possono capitare, fortunatamente non abbiamo tutti gli stessi gusti. 😉