Credere allo spirito selvaggio: il libro di Nastassja Martin e dell’orso
Cosa succede quando sei una giovane antropologa e, durante una spedizione etnografica, vieni brutalmente aggredita da un orso che ti lascia miracolosamente viva ma sfigurata nel corpo e nell’anima?
Beh, puoi tentare di percorrere due strade: maledire il tuo lavoro, la tua passione, gli orsi e fuggire lontano, per sempre, oppure curare le tue ferite, esterne ed interne, cercare il significato sciamanico di quanto accaduto e ripartire il prima possibile verso quegli stessi luoghi.
Questo è ciò che è accaduto all’autrice di questo libro – che si colloca a metà strada tra il romanzo, il diario e il memoir – e non si può non rimanere affascinati dal racconto di questo speciale incontro tra uomo e animale che ha, con molta probabilità, cambiato per sempre la vita ad entrambi: all’autrice ma anche all’orso.
E così, questo piccolo libricino diventa il resoconto di quell’esperienza mistia ma, allo stesso tempo, è uno strumento di risonanza in grado di far dialogare tra loro due mondi apparentemente distanti e, invece, profondamente connessi fra loro e senza dover necessariamente rintracciarne le ragioni ma affidandosi solo all’amore supremo e incondizionato.
Tutto questo è accaduto, molto probabilmente, perché due creature selvagge si sono incontrate e riconosciute tra di loro proprio grazie a quell’istante, dando vita ad un nuovo lessico interiore e scatenando un atto di liberazione molto profondo.
Credere allo spirito selvaggio, Nastassja Martin, Bompiani, 2021 pp. 119. Traduzione Marina Karam.