Danze di guerra: la scrittura fusion e selvaggia di Sherman Alexie
Danze di guerra di Sherman Alexie è un libro che desideravo fortemente leggere perché mi incuriosiva la sua non ben specificata natura ma soprattutto il suo non essere un romanzo vero e proprio bensì una sorta di ibrido fusion che raccoglie al suo interno: racconti, interviste e poesie.
La prima cosa che però balza immediatamente all’occhio del lettore, non appena ci si addentra nella lettura di Danze di guerra, consiste nell’incapacità di comprendere attraverso i versi poetici e i racconti contenuti nel libro di Sherman Alexie, dove termina la verità personale e autobiografica e dove inizia, invece, il racconto vero e proprio fatto di finzione e di pura immaginazione.
Queste due entità, in Danze di guerra, finiscono infatti per incrociarsi e per intrecciarsi continuamente, restituendo un quadro di lettura e un respiro abbastanza ricco e variegato.
Sherman Alexie, dalle pagine del suo Danze di guerra, finisce per indossare i panni di un abile pittore che da un lato restituisce immagini nitide, brillanti e affascinanti mentre dall’altro, invece, utilizza le parole e un linguaggio molto sincero, ironico e immediato per raccontare storie e spaccati di vita quotidiana con i quali ogni singolo lettore può fare i conti, soppesando e analizzando continuamente la propria condizione umana.
I temi, infatti, contenuti e trattati in Danze di guerra sono vari e di una semplicità quasi disarmante perché qui si parla di famiglia, di amore, di morte, di religione ma soprattutto di diversità – specialmente quella razziale – dal momento che lo stesso Sherman Alexie, è nato e cresciuto presso la riserva della comunità indiana di Wellpinit e questo suo legame con le tribù indiane del Nordamerica è piuttosto evidente e traspare benissimo dalle pagine dei suoi libri.
Allo stesso tempo, anche i protagonisti delle storie scritte da Sherman Alexie, sono sempre costretti a misurarsi con le proprie scelte e con i propri limiti ma soprattutto sono costantemente chiamati a fare i conti con la propria condizione umana e a cercare un appiglio utile per rimanere sempre a galla, anche nelle situazioni più difficili e complesse.
Probabilmente avrei preferito e apprezzato molto di più se, all’interno di Danze di guerra, ci fosse stato qualche racconto in più e qualche poesia in meno – purtroppo mi tocca confessare che non ho buon rapporto con la poesia – così avrei potuto misurarmi meglio con la scrittura di Sherman Alexie e metterla un po’ meglio a fuoco.
Nel complesso posso però affermare che i pochi racconti contenuti in Danze di guerra sono racconti scritti in modo più che discreto e che si lasciano leggere facilmente, complice forse una scrittura molto nitida, onesta, ironica seppur costantemente velata da un filo di malinconia. Ora, aspetto solo di leggere il suo ultimo libro che prossimamente verrà tradotto anche in italiano e sempre da NN Editore poiché Sherman Alexie è considerato uno dei migliori scrittori americani viventi.
Danze di guerra, Sherman Alexie, NN Editore, 2018 pp. 204. Traduzione Laura Gazzarrini.
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