Dieci motivazioni per invaghirsi del detective privato Philip Marlowe
L’ascesa di Raymond Chandler al ruolo di scrittore meriterebbe una parentesi a sé stante o meglio una definizione in grado di riassumere tutta la sua assoluta casualità.
Raymond Chandler infatti, dopo aver ricevuto una ferrea educazione tipicamente britannica, conseguito gli studi in prestigiosi college inglesi e preso parte alla Prima Guerra Mondiale, a trent’anni suonati decide di ritornare negli Stati Uniti, stabilirsi in California e iniziare a svolgere i lavori più disparati.
E fin qui, sembrerebbe tutto normale.
Ed invece è proprio l’avvento della Grande Depressione a gettare Raymond Chandler nelle grinfie della scrittura – disciplina con la quale aveva sempre flirtato, sin dai tempi del college, pur senza prenderla mai in seria considerazione – e di conseguenza, a dar vita ad un personaggio letterario destinato a ricoprire un ruolo di tutto rispetto nell’immaginario collettivo letterario e cinematografico, ovvero il detective privato Philip Marlowe.
Ovviamente dopo aver dato vita ad un personaggio, serve dotarlo pure di temperamento e di parola ma soprattutto, occorre dargli uno scenario nel quale muoversi e operare e allora che cosa fa Raymond Chandler?
Si inventa un nuovo genere letterario che rivoluziona il concetto di giallo inteso sino a quel momento e che restituisce una rappresentazione poliziesca piuttosto realistica e condita da argomenti crudi e concreti come i soldi, il lusso, il sesso e la violenza.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta vi ho detto che faccio il detective. Ficcatevelo nella vostra graziosa testolina, tesoro, è il mio mestiere, non un modo di passare il tempo.
Philip Marlowe ben presto si troverà infatti costretto ad indagare fra crimini commessi da persone comuni, ricchi borghesi o da veri e propri gangster dei bassifondi, tutti pronti a darsi addosso e a compiere azioni illegali per ragioni più o meno concrete o per semplice egoismo.
Esattamente come accade ne Il grande sonno, il primo romanzo di Raymond Chandler – pubblicato negli Stati Uniti nel 1939 e giunto in Italia solo nel 1948 a causa dell’imperversare della guerra – nel quale il detective Philip Marlowe viene chiamato a difendere l’orgoglio e gli interessi del Generale Sternwood – ex magnate del petrolio, vedovo e padre di due figlie giovani, belle, viziate e senza scrupoli che causano non pochi grattacapi all’uomo già minato nella salute – che viene misteriosamente ricattato forse proprio a causa della sua infinita ricchezza. E non solo.
A tutti gli Sternwood piacciono i giochi in cui si perde, come la roulette o il matrimonio con chi è pronto a piantarti in asso o le corse a ostacoli quando si hanno cinquantotto anni, ti puoi far disarcionare e restare invalido per la vita. Gli Sternwood hanno i soldi. Per ora gli son serviti a procurarsi guai.
Visto così, l’impiego di Philip Marlowe sembrerebbe un giochetto da ragazzi, remunerato anche dignitosamente, il problema è che ben presto dinanzi al detective si aprirà uno scenario ben più ampio, torbido e intricato che prevede omicidi, misteriose scomparse, loschi affari, ambigui personaggi e sesso promiscuo, il tutto in sole cinque serratissime giornate di indagini.
E tutto ciò che accade ne Il grande sonno fa parte del gioco e nessuno dei protagonisti si può sottrarre o evitare dal mischiare le carte in tavola. Nemmeno Philip Marlowe.
E forse è proprio questo uno dei motivi principali per cui mi sono inaspettatamente invaghita di un tipo come Philip Marlowe – che m’immagino alto, bello e dannato, stipato nel suo impermeabile dal bavero perennemente alzato. Occhi vispi. Sigaretta sospesa fra le labbra e tumbler in mano – e di seguito trovate altre dieci motivazioni, che poi potrebbero benissimo essere altrettante. E altre ancora.
- È stato cacciato dal suo impiego precedente per rifiuto d’obbedienza.
- È cinico e sadico con le autorità e lancia continue accuse verso politica e governi, quasi sempre dediti alla corruzione.
- Non è sposato perché odia le mogli degli sbirri.
- È mordace e molto sicuro di sé, infatti fa il duro ma in fondo è un sentimentale e appare malvagio ma pratica il bene.
- Cerca di apparire simpatico a tutti i costi ma i suoi tentativi appaiono piuttosto goffi e maldestri.
- Parla molto poco dei suoi affari.
- Non ama i liquori dolci.
- Si prepara continuamente bibite e smaltisce spesso sbronze.
Nel cucinotto trovai dello scotch e della soda e ne riempii due bicchieri. Non avevo nulla di veramente eccitante da trincare, tipo nitroglicerina o respiro di tigre distillato.
- A volte, è capace di accendersi un fiammifero semplicemente strofinandoselo con l’unghia del pollice.
- Non è Sherlock Holmes né Philo Vance.
Io non sono Sherlock Holmes né Philo Vance. Non vado a raccattare la punta di un pennino di stilografica sui posti dove la polizia è già stata, per ricostruire la genesi. Se immaginate che ci sian detective che si guadagnano la vita in questo modo, allora non conoscete i poliziotti.
Il grande sonno, Raymond Chandler, Feltrinelli, 2014 pp.218. Traduzione Oreste del Buono.