Eliana Iorfida: il suo nuovo romanzo nato nel nome del mare
Se c’è un mare che, da sempre, s’intreccia con il mito e si è fatto parola scritta quello è proprio il mar Ionio: mare di leggende, di storie e di segreti che finiscono per somigliare alle onde che, una dietro l’altra, sono sempre pronte a rimodellare il litorale e a riscrivere il futuro.
Solo il mare è quell’elemento naturale in grado di donare la vita e contemporaneamente di infliggere la morte. E questo, deve averlo compreso bene Bianca Faragò – la ragazzina al centro de Il figlio del mare, il nuovo romanzo di Eliana Iorfida – che in una notte di festa, si addormenta vergine sul litorale e si ritrova violata nel profondo e con il peso di una nuova vita da portare prima in grembo e poi al mondo.
Bianca Faragò è una ragazzina inquieta, che presenta dei disturbi di personalità e possiede un animo fragile che mal si addice all’ambiente che la circonda. Ecco perché appare sempre come una decadente eroina rivoluzionaria nata e cresciuta però nel posto sbagliato.
Pazza, inaffidabile, magàra, lunatica, fòra di càpu: le parole con le quali l’apostrofavano la maggior parte dei compagni, la gente del paese e persino i suoi stessi familiari.
pp.31
Tutta la vita di Bianca Faragò, nel suo piccolo borgo calabrese, è stata simile alla natura aspra e difficile di questa regione e la cui vita è stata segnata da due eventi preponderanti: l’adolescenza interrotta e l’essere diventata una madre violata e rifiutata dai suoi stessi familiari, eccetto che da sua nonna Angelina, quasi a voler rappresentare tutta la saggezza e la sapienza arcaica e benevola che da sempre contraddistingue la Calabria.
Eppure, i segreti e i tormenti che hanno accompagnato da sempre l’esistenza di Bianca e le sue scelte, si sono inevitabilmente ripercosse anche su quel suo figlio, concepito in circostanze misteriose, messo al mondo troppo presto e ora pronto finalmente a ritornare in Calabria, dopo una lunga assenza e con lo scopo di dover sistemare una spinosa questione burocratica.
… i legami reciproci tra gli esseri, le forze liberate dal loro continuo interagire, cercarsi, sia pur in mondi apparentemente distinti, avevano la capacità di generare azioni e pensieri precisi, evocando verità alle quali, spesso, gli individui scelgono di non dare ascolto.
pp. 180
Per Jo – questo è il nome del figlio di Bianca Faragò – inizia così un viaggio a ritroso nel tempo che dalla lontana Liguria lo riporta nella sua terra d’origine e che, allo stesso tempo, diventa un viaggio nella memoria e nei ricordi, che finiscono per gettare una nuova luce sul presente e per riscrivere il futuro.
Se lo chiese da sé, ancora una volta: a chi apparteneva?
pp. 163
E così, mentre Jo e sua moglie percorrono i chilometri che lo rimandano alla sua infanzia interrotta e lo separano da una madre acquisita e da una regione alla quale non si è mai sentito di appartenere del tutto, sente il passato e quei pochi ricordi – opachi e sbiaditi – risalire prepotentemente a galla.
Volti nebulosi senza nome, spazi indefiniti senza bussola, questo vedeva guardandosi indietro. L’ infanzia l’aveva smarrita lungo la strada dell’addio.
pp. 130
Allo stesso tempo però, Jo è consapevole che per comprendere finalmente quel mondo perduto e lontano, al quale sente comunque di appartenere, bisogna osservarlo con una certa distanza e avendo il coraggio di guardarsi indietro e cercando di fare pace con l’anima segreta di quei luoghi e di quei ricordi. Forse solo in questo modo, un ritorno può rappresentare per Jo l’assoluzione che attende da una vita intera, per poter finalmente far pace con il carico di colpe, di silenzio, di rabbia e di rappresaglie che ha sempre contraddistinto la sua vita.
A volte, per andare avanti bisogna dare un ultimo sguardo indietro.
pp. 104
Eliana Iorfida nel suo Il figlio del mare porta in scena un romanzo corale che è simile ad una tragedia greca – non a caso, utilizza la struttura tipica di questo genere per aprire i vari capitoli – e nel quale, tutti i personaggi sono in qualche modo legati al mare: elemento naturale sul quale sembra ruotare l’intera opera.
Allo stesso tempo, Eliana Iorfida ricorre ad alcune descrizioni del mare e in maniera particolare della Calabria, che sono molto poetiche ed evocative che oltre ad avere qualcosa in comune con il mondo ellenico – del quale questa terra è diretta discendente -, sembrano possedere anche molto il comune con il mondo mediorientale, del quale la scrittrice è esperta conoscitrice proprio per via delle numerose spedizioni archeologiche alle quali ha preso parte in quei luoghi.
Forse appartenere a quella terra precaria significava esattamente questo: essere o non essere. Che fosse l’estremo limite geografico, proteso verso un sud ancora più profondo, o l’energia tellurica capace di sprigionarsi dalle viscere del sottosuolo da un momento all’altro, sbriciolando ogni cosa in una manciata di secondi, sta di fatto che l’essenza transitoria di quel luogo si ripercuoteva sulla sua gente: paesani del mondo, questo erano i calabresi. Uomini e donne condannati ad andare e tornare per generazioni, sviluppando nevrosi tutte loro: devozione e rancore, remissione e vendetta. Ciascuno di quei figli plasmati nel sangue, nell’argilla e nella salsedine gli assomigliava, questo sì.
pp. 190
Il borgo calabrese nel quale Eliana Iorfida ambienta il suo Il figlio del mare e di cui non viene mai volutamente menzionato il nome – anche se non è difficile comprendere di quale paese si tratti – e più in generale della Calabria che racconta, ricorda molto quel Sud magico, ancestrale, spiritato e popolato dalla figura delle Màgare, raccontato molto spesso dallo storico e antropologo napoletano Ernesto De Martino.
Tutto quello che Eliana Iorfida racconta ne Il figlio del mare sembra, infatti, assumere un doppio significato che va ben oltre la narrazione appare così simbolico, arcaico e con una funzione apotropaica al contrario, che invece di allontanare da questa terra, ne sottolinea l’importanza e il richiamo, soprattutto dettato dalle radici anche quando sono scomode e difficili da indossare.
Il figlio del mare, Eliana Iorfida, Pellegrini Editore, 2020 pp.201.