Il romanzo dell’anno di Giorgio Biferali: scrivere d’amore senza banalità
Se è vero che nei libri e, in generale, nella letteratura, tutto è stato già detto o scritto, è pur vero che, oggi, a fare la differenza è il modo in cui qualcosa la si dice, o meglio, la si scrive.
Confesso che è stata questa la prima cosa che ho pensato appena terminata la lettura del nuovo libro di Giorgio Biferali – di cui avevo particolarmente apprezzato il libro precedente – e non tanto per il libro in sé, per la trama o per il linguaggio utilizzato bensì per via del deus ex machina al quale l’autore ricorre poco prima dell’epilogo e che ribalta totalmente la storia, la prospettiva ma soprattutto il lettore.
Ecco, sono questi gli espedienti narrativi che mi fanno ancora provare una certa fiducia nella letteratura e che mi ricordano che, nonostante tutto, esistono ancora modalità e formule per stupire il lettore e senza dover necessariamente ricorrere a particolari artifici che poi, nella maggior parte dei casi, non sono nemmeno credibili e non stanno in piedi.
Il romanzo dell’anno: la trama
Quella narrata ne Il romanzo dell’anno è una storia come tante, semplice e apparentemente già letta e riletta altrove e che, purtroppo, mica capita solo nei libri o nei film: c’è, infatti, una coppia che litiga la notte di Capodanno, lei corre via a bordo del suo motorino, scivola sui sanpietrini di Roma e finisce in coma e lui, ovviamente, si sente maledettamente in colpa e non sa darsi pace per l’accaduto.
E mentre Livia – questo è il nome della ragazza protagonista del nuovo romanzo di Giorgio Biferali – è in coma e lotta tra la vita e la morte, il suo fidanzato Niccolò – che di professione cerca di far ridere la gente organizzando i palinsesti comici di un’emittente televisiva -, durante le sue lunghe visite in ospedale, inizia a scrivere delle lettere d’amore per Livia, nel quale racconta tutto quello che sta accadendo nel mondo reale: scrive storie di cronaca, di attualità ma soprattutto racconta del loro amore, ripercorrendo la loro storia: dal primo incontro sino al momento tragico dell’incidente.
Da quando ti ho conosciuto, non mi è mai passata la voglia di raccontarti le cose. Anzi, a volte ho pensato che le cose esistessero proprio per questo, perché io potessi raccontarle a te. E adesso? Come faccio? Nel mondo, per me, ci sei sempre stata tu da una parte, le cose che vedo senza di te e mi viene subito l’istinto di chiamarti o di scriverti per chiederti Amore, posso chiamarti?
pp.40
Inizia così un lento ma inesorabile tuffo nel passato e nei ricordi che getta, Niccolò, letteralmente nell’abisso, a tal punto da essere, addirittura, momentaneamente allontanato dal suo lavoro, per aver inserito nel palinsesto film tristissimi e per avere sempre quell’aria da cane bastonato e inavvicinabile.
Ma l’ospedale è un luogo in cui non si capisce nulla, è un luogo in cui si aspetta, è un luogo in cui chi aspetta non sa che fare, perché forse in fondo ha capito che fino a quel momento sapeva davvero cosa volesse dire aspettare, e ha la stessa faccia di uno studente che ha paura di essere interrogato.
pp.47
Ripercorrere una storia d’amore quando uno dei due partner è in pericolo di vita, risulta un processo doloroso e che permette di far risalire tutto a galla – momenti belli e brutti – esattamente come se fosse magma incandescente e inarrestabile soprattutto se ci si sente in colpa per il litigio, per la fuga e per le tristi conseguenze.
E ci vuole estremo coraggio e una dose sconfinata di speranza a fare quello che ora sta facendo Niccolò: trascorrere del tempo accanto alla propria ragazza, distesa immobile in un letto d’ospedale come la più bella tra le statue e continuare a parlarle, a leggerle delle storie e a scrivere delle lettere che potrà leggere una volta sveglia, sempre più convinto e sicuro che Livia uscirà da quello stato e ritornerà alla sua solita vitalità, alle sue passioni o più semplicemente alla vita.
… le parole hanno bisogno di altri occhi per crescere e diventare forti.
pp.124
E così mentre Livia è in coma e Niccolò vive una vita a metà, Giorgio Biferali – poco prima della fine del libro – rimescola tutte le carte in tavola, ribalta la storia, le prospettive e destabilizza il lettore, costringendolo, addirittura, a fare qualche passo indietro tra le pagine, per riacciuffare la storia e per far confluire le innumerevoli domande.
Gli interrogativi che sgorgano dopo aver terminato la lettura de Il romanzo dell’anno sono tanti, esattamente come lo sono i dubbi che, in questo caso, hanno direttamente a che vedere con la vita e con la morte ma soprattutto con il filo sottile che le divide.
Stare con te è come stare con me stesso quando sono di buon umore.
pp.110
Leggendo Il romanzo dell’anno di Giorgio Biferali risulta praticamente impossibile non immedesimarsi nella storia narrata, arrivando addirittura a provare un senso di vertigine e di smarrimento al solo pensiero di vivere quello che sta vivendo Niccolò, che veglia amorevolmente sul sonno di Livia e sottolinea tutta la bravura e l’autenticità di questo giovane scrittore romano che risulta essere, ancora una volta, una delle migliori penne millenials nostrane.
Il romanzo dell’anno, Giorgio Biferali, La nave di Teseo, 2019 pp. 219.