Merritt Tierce e la sincera e coraggiosa brutalità della Carne viva
Carne viva di Merritt Tierce è un libro sincero, spietato e brutale come pochi, poiché il fascino e lo sbigottimento che si avvertono durante la lettura, creano un senso di stordimento e disorientamento che accompagna il lettore dalla prima all’ultima pagina, punti e virgole comprese.
Prima di addentrarci nel libro, occorre però fare una doverosa precisazione ovvero se da un libro come Carne viva vi aspettate il fatidico “happy ending” è bene che sappiate sin da subito che qui dentro non c’è nessun lieto fine poiché per storie o per vite del genere –abituate a vivere nel fondo – la redenzione non è affatto prevista.
Quella narrata in Carne viva è infatti la storia di Marie Young, una ragazza brillante, socialmente attiva e con un futuro assicurato a Yale che però, al ritorno da un viaggio di volontariato in Messico, scopre di essere incinta e l’umiliazione, la vergogna e quel senso di inadeguatezza iniziale, l’accompagneranno poi per tutto il resto della sua esperienza di madre, di moglie e più in generale di donna.
Marie, ha solo diciassette anni quando rispettivamente nasce sua figlia, decide di sposare il padre della sua bambina e quando inizia a lavorare come cameriera nei costosissimi ristoranti di Dallas – nonostante la parola cameriera le avesse sempre creato un senso di fastidio, quasi fisico – pur senza un briciolo di esperienza ma con l’unico scopo di guadagnare denaro – tanto –, saldare i suoi debiti e lavorare duramente – con turni massacranti e sino a incrinarsi le vertebre – semplicemente perché macinando chilometri nella sala ristorante e trasportando avanti e indietro piatti e vassoi, evita cosi di pensare alla sua squallida condizione.
Non è che all’epoca mi piacesse tanto servire ai tavoli; ma almeno avevo un posto dove stare. Una funzione nella vita. Non capivo come si faceva a essere una moglie o una madre. Ma per essere una cameriera c’erano regole ben precise. La principale era non fare cazzate.
Ben presto, Marie si accorge infatti di non essere capace di fare da moglie ad un uomo che avrebbe fatto davvero qualsiasi cosa per lei e nemmeno da madre a quella creatura così docile, sensibile e intelligente, semplicemente perché non sente di meritare quel dono e ha persino paura di infettarlo con il suo tocco, nonostante provi per sua figlia qualcosa di molto simile alla pura e sincera adorazione.
Mi rendo conto che in questo momento nella tua vita non sta succedendo nient’altro. Sei qui con tua madre che piange, e quindi piangi anche tu.
Ed ecco allora che in confronto a tutto questo, dimostrarsi gentile e zelante, servire ai tavoli dei ristoranti e arrotondare lo stipendio con mance da capogiro è quasi un giochetto da ragazzi, peccato solo che quell’ambiente apparentemente lindo, preciso e determinato da gerarchie e da regole ferree, sia in realtà contraddistinto da ambiguità e da personaggi che trascinano Marie ancora più a fondo e in un pericolosissimo vortice fatto di sesso, droga e autolesionismo, dal quale uscirne sembra praticamente impossibile.
Chiedo alla mia memoria. perché ho fatto ciascuno di quei passi? Una volta un uomo odioso mi ha detto che sono una che vuole saltare le tappe e invece no, i passi li ho fatti uno per uno. Prima quello, poi quell’altro, poi un altro ancora, e tutti volontariamente. Sulla parte di me che prende le decisioni si è ormai sedimentato uno spesso strato di placca, una concrezione gessosa che è il paradossale risultato di tanti momenti inconsistenti.
Eppure Marie, non cerca mai di giustificare se stessa e le sue azioni, nemmeno se:
Nel giro di tre mesi avevo fatto sesso con una trentina di uomini diversi…
perché in fondo lei è sempre stata brava a fingere e a diventare di ghiaccio dinanzi alle cose spiacevoli della vita, quasi come se quella non fosse nemmeno la sua vita ma quella di una persona totalemente estranea e come se l’unico mantra necessario per sopravvivere fosse:
Accetta il fatto che qua dentro è tutto una merda e vai avanti, ho detto io. Non frignare. Adattati. Non andrà mai bene niente e sarà sempre tutto difficile.
perché dopotutto Marie ha imparato a non avere speranze:
…alcuni tipi di dolore sono il perfetto antidoto per altri.
…Se hai qualcosa che ti fa star male, un rimorso o un dolore, mangiatelo, bevitelo, pippatelo, scopatelo, usalo, ciuccialo, ammazalo.
e che non c’è nulla di meglio della sua impeccabilità lavorativa e della sua cura estrema verso i suoi tavoli e verso i suoi clienti per provare almeno a placare il suo disordine interiore e le sue cicatrici nere, profonde e aperte o al massimo, si può sempre ricorrere al sesso o al dolore, quello vero, fisico e concentrato.
Fa male ma è una bella sensazione. Cioè mi dà una sensazione di sollievo. Il dolore è reale e sincronizza tutto il dolore che ho nel resto di me stessa ma non riesco ad organizzare. Lo concentra nel collo e gli spiega che cos’è: Tu sei il dolore, questo è l’effetto che fai.
Marie ha infatti capito che dove finisce l’amore inizia la disperazione poiché è proprio la mancanza d’amore a spalancare le porte dell’inferno ma lei sente di non essere minimamente predisposta per l’amore perché è totalmente incapace di darlo e di riceverlo e proprio la consapevolezza di non poter dare nulla a sua figlia, la induce a tenerla a debita distanza nonostante spesso, segretamente sogni un futuro in sua compagnia.
Quello narrato in Carne viva è uno spaccato dannatamente reale e sincero, fatto di ottima scrittura e di una potenza narrativa quasi vivida, di estrema sensibilità che non viene mai offuscata nemmeno dai fumi dell’alcool o della droga e di una vulnerabilità che si contrappone al coraggio dimostrato nel raccontare una storia del genere, fatta prevalentemente da abissi e da vuoti e che non merita mai di essere giudicata dallo sguardo del lettore, nemmeno di quello pudico e severo.
E io credo che ci siano proprio vite già predisposte sin dal concepimento ad ospitare questi vuoti eterni, che non si potranno mai riempire o colmare bensì provare magari semplicemente ad illuminare ed allo stesso tempo, credo che Merritt Tierce nel suo Carne viva, ci sia perfettamente riuscita.
Soundtrack:
Carne viva, Merritt Tierce, Sur 2015, pp. 220. Traduzione Martina Testa.
Non avevo colto la citazione di Mina.
Mina è Mina…non poteva mica mancare la sua canzone con il titolo omonimo al libro! 🙂