Sherman Alexie e Non devi dirmi che mi ami: la memoria per sopravvivere

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Dopo Danze di guerra, Sherman Alexie torna nuovamente in libreria con Non devi dirmi che mi ami e ancora una volta, a stupire positivamente il lettore è la natura indefinita e indefinibile di questo suo libro – presentatoci come un memoir e composto da frammenti, dialoghi, poesie e prose – e la sua scrittura selvaggia e sempre priva di schemi e congetture.

Questo memoir, ho risposto, avrà un sacco di buchi. Potrei davvero impegnarmi nella ricerca e riportare i fatti nella maniera più accurata possibile. Ma i buchi mi piacciono. Mi piace come mi fanno sentire. Voglio che si sentano così anche i miei lettori. Voglio che sentano la perdita. La nostra perdita. Voglio che sappiano quanto mi sento in colpa per non sapere queste cose.

pp. 254

Ebbene sì, anche in Non devi dirmi che mi ami, Sherman Alexie racconta la sua personale condizione di americano nato e cresciuto nella riserva indiana di Wellpoint, situata nello stato di Washington, e ancora una volta al centro della narrazione c’è la sua famiglia di origine, il loro modo di vivere singolare e spesso difficilmente comprensibile ai più ma soprattutto la necessità di imprimere tutti i suoi ricordi su carta, al fine di conservare la propria identità e la propria memoria – personale e familiare – e anche per squarciare finalmente il velo sulla sua condizione di quasi emarginato in una società che corre troppo veloce e che, spesso, dimentica di assumersi le proprie responsabilità soprattutto nei confronti delle minoranze.

Gli Stati Uniti hanno ritenuto che l’incendio boschivo passato sulla miniera di uranio non abbia costituito alcun pericolo per la comunità indiana Spokane.

pp. 259

Dalle parole di Sherman Alexie traspare spesso una vena di dolore, di inquietudine e di rimpianto nei confronti di qualcosa che poteva essere ma che non è stato ma soprattutto nei confronti di qualcosa che non è mai riuscito a spiegare e a difendere fino in fondo poiché a fare da collante a Non devi dirmi che mi ami e a motivare la scelta di scrivere questo suo libro è proprio la perdita della madre, morta nel 2015 per un cancro.

Io e mia madre abbiamo avuto un rapporto difficile. Non ci siamo sempre trattati bene. Quindi è bello sentire quanto sia stata gentile con alcuni di voi. Ma mi fa anche soffrire sentire che è stata una madre migliore per alcune persone di quanto lo sia stata per me.

pp. 98

Allo stesso tempo però Non devi dirmi che mi ami, dalle sue 462 pagine, oltre ad essere una storia di memoria è, a suo modo, anche una storia di formazione, nella quale questo ragazzone nativo americano che nella sua vita ha conosciuto la perdita, il dolore , l’emarginazione e la dipendenza, attraverso questo libro si offre al lettore, con onestà e sincerità e senza la paura di essere giudicato.

Quindi dobbiamo perdonare tutti quelli

che ci hanno fatto violenza?

Ma che si fottano.

Non faccio mica beneficenza.

Ci sono persone che odierò

anche quando di me resterà solo l’assenza.

pp. 344

Da questo libro di Sherman Alexie, oltre a trasparire una perenne sensazione di perdita, di dolore, di abbandono e di rassegnazione nei confronti della madre, incapace di amarlo completamente ma facendolo a proprio modo, traspare anche un sensazione di speranza e la presenza di una sorta di luce guida che gli permette di narrare questa sua storia personale e soprattutto di fare pace, una volta per tutte, con la sua condizione e di poter abbattere finalmente quel legame tossico tra dolore e dipendenza, quasi come se fosse la unica e sola via d’uscita ma, fortunatamente, per Sherman Alexie e per altri come lui, la sola e unica ancora di salvezza resta la scrittura, nel bene e nel male.

Non devi dirmi che mi ami, Sherman Alexie, NN Editore, 2019 pp.462. Traduzione Laura Gazzarrini.

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